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Riceviamo e pubblichiamo questo contributo dai compagni della redazione Il Pungolo Rosso, già disponibile sul loro sito (https://pungolorosso.com):

“Pagine esteri” di oggi [23 aprile] ospita un appello a non distogliere lo sguardo da Gaza per l’estrema gravità delle condizioni in cui versa la massa della sua popolazione e per la continuazione dell’operazione-genocidio, firmato da Rana Abhari, che comincia in questo modo:

“Alla luce dei recenti attacchi di rappresaglia dell’Iran e di Israele, l’attenzione dei media si è ora spostata sulle preoccupazioni di una potenziale escalation regionale e sull’atteso pacchetto di aiuti della Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti. Di conseguenza, Gaza e la sua guerra sembrano essere passate in secondo piano.

“Ma non dovrebbero rimanervi a lungo. Mentre lo sguardo del mondo è stato distolto, il bilancio delle vittime da quando Israele ha colpito il consolato iraniano in Siria, tra i 50 e i 100 gazawi al giorno, non fa che sottolineare la gravità della situazione. Dall’attacco del 1° aprile, l’assalto israeliano a Gaza ha provocato: rivelazioni sul fatto che le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno creato “zone di morte” a Gaza in cui chiunque può essere colpito; la morte di sette operatori umanitari internazionali, uccisi in un attacco mirato dell’esercito israeliano; una fossa comune, trovata dopo il ritiro israeliano dall’ospedale al-Shifa, che conteneva almeno quindici corpi dopo l’assedio di due settimane all’ospedale; la morte di almeno 13 persone dopo che un attacco ha preso di mira il campo profughi di Al-Maghazi, nel centro di Gaza; e la notizia che tutti i pozzi d’acqua di Gaza City hanno smesso di funzionare, secondo l’Ufficio dei media del governo di Gaza.”

Raccogliamo questo appello e lo rilanciamo integrandolo in un punto: Gaza è piena di fosse comuni e spesso non è possibile neppure identificare i cadaveri perché i corpi (non di rado ammanettati e denudati) sono ormai in avanzato stato di decomposizione – come scrive sul Manifesto di oggi Michele Giorgio. A Khan Yunis la più grande di queste fosse comuni conteneva 210 corpi di donne, giovani e anziani. La stessa penosa ricerca dei cadaveri è stata interrotta da nuove operazioni militari dell’esercito sionista, che si prepara – con l’autorizzazione di Washington, e il silenzio-assenso dell’UE – ad attaccare in forza Rafah, dove tuttora è rifugiato oltre un milione di palestinesi.

Non bisogna assolutamente distogliere lo sguardo da Gaza. Ma neppure dalla Cisgiordania, dove negli ultimi giorni ci sono state decine di morti (tra i combattenti della Resistenza e nella popolazione) nei villaggi vicino a Nablus e a Ramallah, a Tulkarem e nel campo profughi di Nur Shams. A fronte della totale, quasi secolare, impunità per coloni ed esercito sionisti, appare una mascherata di carnevale a fini elettorali la decisione, anzi anzi l’intenzione dichiarata, dell’amministrazione Biden di “sanzionare” il battaglione di ultra-ortodossi Netzah Yehuda – un’intenzione immediatamente attaccata come un’assurdità dal tandem Netanyahu-Gantz, più che mai uniti in questo. Ma come, obiettano, ci avete lasciato fare sinora ogni genere di massacri e di “violazioni dei diritti umani” (un’espressione che sta cominciando a diventare odiosa per molti, per noi lo è da sempre), e ora ve la volete prendere con questi quattro poverelli : cos’hanno fatto di male? Si sono onorevolmente dati da fare per macellare e torturare un po’ di “animali con sembianze umane”; e allora?

Non sono affatto delle mascherate di carnevale, invece, le forti proteste degli studenti e, in alcuni casi (alla Columbia, ad es.), anche dei docenti, nelle università degli Stati Uniti, dove si segnalano tra ieri e oggi scontri con la polizia e almeno 130 arresti nella sola New York. La solidarietà con Gaza si allarga tra i più giovani nel cuore dell’impero: ottima notizia. Anche in Italia qualche piccolo cedimento per effetto delle mobilitazioni si comincia ad avvertire nelle istituzioni accademiche come in qualche angolo del mondo delle imprese, ma il tempo stringe. Bisogna allargare ancora, intensificare e unificare questo movimento di solidarietà internazionale con la lotta di liberazione palestinese.

 

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