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“La direttiva sulle case green approvata da Bruxelles segna un percorso fondamentale, al quale non possiamo sottrarci. Il tema della svolta verde è centrale per noi dell’Ance”. A dirlo è Silvia Ricci, vicepresidente con delega alla transizione ecologica della maggiore associazione che rappresenta i costruttori edili. Una direttiva che ha visto il nostro governo e quello ungherese votare contro. I punti, come hanno spiegato il ministro del Tesoro e quello dell’Ambiente, Giorgetti e Pichetto Fratin, sono due: quello della sostenibilità finanziaria per accompagnare questa svolta, e la specificità del nostro patrimonio immobiliare, “fatto di tanti centri storici ed edifici che hanno vincoli artistici e paesaggistici”, commenta Ricci.

Vicepresidente Ricci, partiamo proprio dalle risorse. Quante ne servono?

È ancora presto per una previsione consolidata ma secondo nostre prime stime, mantenendo il ritmo delle ristrutturazioni degli ultimi anni, da qui al 2035 l’importo complessivo da mettere in campo ammonterebbe a circa 200 miliardi.

Venti miliardi all’anno, in pratica serve una finanziaria solo per questo. Dove si trovano tutti questi soldi?

Da tempo abbiamo avviato un percorso di confronto e interlocuzione con le istituzioni per affrontare la transizione e renderla sostenibile. È una svolta alla quale, in parte, devono contribuire anche i privati, ma che devono essere sorretti dal pubblico attraverso un sistema di incentivi e investimenti strutturali che siano sostenibili sia per le casse dello stato che per i cittadini.

C’era il Superbonus, ora cancellato.

Il Superbonus è stato un provvedimento straordinario pensato in un momento in cui occorreva far ripartire il nostro settore dopo la pandemia e dare una spinta a tutto il sistema economico. Non dimentichiamoci, infatti, che le costruzioni sono da sempre un motore per l’economia poiché, insieme all’indotto, cubano il 20% del Pil. Ma la misura, per come era stata disegnata in origine, non era sostenibile a lungo. Per questo sin da subito l’Ance aveva sottolineato la necessità di rimodulare il 110%, proprio per avere un incentivo stabile e duraturo, senza stravolgimenti normativi continui come quelli che poi ci sono stati e che hanno messo in grave difficoltà famiglie e imprese.

Con il Superbonus sono anche nate dal nulla 12mila nuove imprese e poi subito scomparse. In che modo ha inciso questo fenomeno?

Purtroppo sono sorte dall’oggi al domani imprese che hanno danneggiato l’intero settore, operando in dumping, al di fuori del perimetro del contratto collettivo nazionale dell’edilizia, non rispettando le norme sulla sicurezza, con carenze sulla formazione, alterando il mercato del lavoro nella ricerca della manodopera e alimentando ancor di più la crescita dei prezzi delle materie prime. E’ per questo che chiediamo a gran voce la qualificazione di tutte le imprese e di tutti gli operatori che mettono piede in cantiere.

La patente a punti può essere una soluzione?

Il rispetto delle norme e l’applicazione del Testo unico sulla sicurezza sono nostre priorità, così come non intendiamo sottrarci ai controlli. Ma sul tema sicurezza si può e si deve fare di più. Il nostro timore è che, alla fine, le imprese truffaldine trovino il modo di aggirarla.

Come?

Ad esempio aprendo il 1° di gennaio, consumando nel corso dell’anno tutti i crediti a disposizione, per poi chiudere e riaprire nuovamente con altro nome.

Andrebbero estese anche nel privato le regole previste dal Codice appalti, come chiedono i sindacati?

Se parliamo di qualificazione obbligatoria siamo sicuramente favorevoli all’estensione agli appalti privati, soprattutto nei casi di bonus o incentivi. Nel mercato pubblico esiste, mentre quello privato è ancora completamente libero. Chiunque può andare in Camera di Commercio, aprirsi una partita Iva e fare potenzialmente un lavoro privato di dimensioni illimitate.

Tornando ai tempi e al patrimonio immobiliare interessati dalla direttiva green di che numeri stiamo parlando?

Fino al 2023 con il Superbonus sono stati riqualificati 460mila edifici. Per raggiungere gli obiettivi europei occorre intervenire su un altro milione di edifici entro il 2030, data entro la quale bisogna arrivare a una riduzione di emissioni del 16%, e su ulteriori 400.000 entro il 2035, data entro cui è richiesta una riduzione del 20-25%.

Le aziende sono pronte, sotto il profilo organizzativo e delle competenze, per affrontare questo salto?

Il nostro tessuto produttivo è composto prevalentemente da piccole e medie imprese. Noi come Ance ci stiamo impegnando molto per trasmettere il cambio anche culturale che la transizione verde porterà con sé. Stiamo promuovendo una molteplicità di iniziative sugli standard di sostenibilità ambientale e anche attraverso le casse edili, insieme ai sindacati, stiamo puntando molto sulla formazione in questa direzione.

Prima ha parlato di confronto con le istituzioni. In un flash, come sta procedendo su questi temi?

Per quanto riguarda la mia delega, posso dire che i rapporti con il Mase, il ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, sono proficui e costanti. Sono soddisfatta.

Tommaso Nutarelli

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