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L’unico indizio contenuto nell’invito ai sindacati, convocati lunedì a Palazzo Chigi, è l’intenzione di illustrare i «provvedimenti del governo per il mondo del lavoro». Il giorno dopo è in agenda un consiglio dei ministri che cade alla vigilia del primo maggio. Esattamente un anno fa, mentre i sindacati erano in piazza per la festa dei lavoratori, il governo adottò un provvedimento che cancellò il reddito di cittadinanza e tagliò i contributi per i lavoratori con redditi fino a 35 mila euro. La domanda, insomma, è se anche questa volta Giorgia Meloni sia pronta a calare un asso a favore dei lavoratori nel giorno della loro festa. Pochi giorni fa in consiglio dei ministri era arrivato un decreto legislativo attuativo della riforma fiscale, che introduceva un bonus da 100 euro sulle tredicesime per le famiglie con un solo reddito da lavoro e un figlio a carico. E portava al 10 per cento la detassazione sui premi attualmente al 5 per cento.

Di certo con i sindacati si parlerà anche di questo tema, ma non dovrebbero essere queste le misure che saranno annunciate. Un indizio lo ha dato il ministro del Lavoro Marina Elvira Calderone. Intervenendo alla Conferenza programmatica di Fratelli d’Italia a Pescara, ha annunciato che «prestissimo avremo degli altri interventi che saranno proprio volti da un lato a sostenere le aziende che assumono, dall’altro a dare alle aziende e ai lavoratori gli strumenti per intercettare quelle che sono le sfide del futuro». Il primo passaggio potrebbe riguardare un altro decreto attuativo della riforma fiscale, ossia la detassazione degli utili per le imprese che aumentano l’occupazione. Oggi l’Ires è del 24 per cento, una delle ipotesi da tempo sul tavolo, è che sia portata al 15 per cento per chi incrementa gli occupati. Un altro tema, potrebbe essere quello della sicurezza, con una nuova stretta sui controlli.

Ma sul tavolo del consiglio dei ministri non ci sarà solo il tema del lavoro. Il ministro per il Sud e per il Pnrr, Raffaele Fitto, porterà la riforma dei fondi di coesione. Un decreto legge che rimette mano alla governance e all’utilizzo di 43 miliardi di euro. In pratica una manovra finanziaria. L’Italia è il primo Paese che porta a termine la riforma che, tra le altre cose, è una delle cosiddette “milestones” dello stesso Pnrr (ieri l’Ue ha dato il via libera alla revisione) che servono a sbloccare la sesta rata degli aiuti europei.

IL PROGETTO

I fondi di coesione per anni hanno avuto un andamento molto lento e tortuoso nel loro impiego. L’intenzione della riforma, è di usare un meccanismo gemello del Pnrr per fare in modo che vengano spesi tutti e nei tempi previsti. Saranno dunque introdotti dei cronoprogrammi da rispettare. Chi non lo farà, perderà i soldi a favore di altri territori. L’idea di Fitto è anche quella di usare le risorse come una sorta di proseguimento ideale del Pnrr, visto che i fondi di coesione hanno una durata temporale che va oltre il 2026 e arriva fino al 2029. E si tratta, aggiungendo anche il cofinanziamento nazionale, di altri 80 miliardi da aggiungere ai 194 del Piano di ripresa e resilienza. Una potenza di fuoco che sarà essere dirottata su molti progetti. Compreso lavoro e imprese.

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