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Dopo l’intervento del governo Meloni molti tra coloro che beneficiano del Superbonus edilizio hanno dovuto cambiare programmi: lo sconto in fattura e la cessione del credito sono diventati ancora più complicati da ottenere. Chi è rimasto senza affronterà il problema della capienza fiscale, ma delle possibili soluzioni ci sono.

Il decreto Superbonus approvato dal governo Meloni a sorpresa a fine marzo ha portato un’altra stretta sulle regole, escludendo molte persone dallo sconto in fattura e dalla cessione del credito. Chi è riuscito a comunicare le spese effettuate nel 2023 entro il 4 aprile di quest’anno potrà mantenere queste agevolazioni, ma solo se i lavori erano avviati entro il 30 marzo, se ci sono le fatture per dimostrarlo e se la delibera condominiale per i lavori e la Cilas risalivano a prima del 17 febbraio 2023. Tutti gli altri dovranno rassegnarsi a pagare per intero gli interventi, e poi – se ne hanno la possibilità – scalare le detrazioni fiscali nei prossimi anni dalla dichiarazione dei redditi.

Chi ha ancora diritto a cessione del credito e sconto in fattura sul Superbonus

Per il resto le categorie che possono ancora approfittare dello sconto in fattura sono decisamente ridotte. Non a caso, dalla maggioranza sono arrivate diverse richieste di allargare le maglie, finora tutte con una risposta negativa da parte del governo. Attualmente, stando al testo del decreto che è in lavorazione al Senato, può usare lo sconto in fattura solo chi effettua lavori di recupero e ricostruzione degli edifici nelle zone terremotate del Centro Italia, oltre ai lavori su case popolari e del Terzo settore, ma solo a condizioni stringenti. Come detto, per tutti gli altri non solo sono escluse le spese nel 2024, ma non possono utilizzare la misura neanche coloro che – pur avendo depositato tutti i documenti prima del 17 febbraio 2023 – non hanno una fattura che dimostri che i lavori sono iniziati entro il 30 marzo di quest’anno.

Il problema della capienza fiscale

Chi è rimasto tagliato fuori si troverà con uno sconto al 70% (invece che al 110%), e soprattutto non potendo usare lo sconto in fattura dovrà pagare tutti i lavori di tasca propria, non solo quel 30% lasciato fuori dal bonus. Anche per chi è in grado di sostenere la spesa dei lavori, potrebbe poi sorgere il problema della cosiddetta incapienza.

Oggi le regole prevedono che per le spese effettuate quest’anno lo sconto fiscale si possa ‘scalare’ dalle tasse nei prossimi quattro anni. Ad esempio, chi spende 100mila euro per i lavori avrà diritto a 70mila euro di crediti con il Fisco (dato che il bonus è al 70%). Dunque, potrà sottrarli come detrazioni in quattro parti uguali nelle dichiarazioni dei redditi dei prossimi quattro anni: si parlerebbe di 17.500 euro all’anno. Il problema arriva per chi non ha un reddito abbastanza alto, e quindi non versa abbastanza Irpef, da permettere di scalare tutta la somma a cui ha diritto. In questo caso, i soldi andranno semplicemente perduti: passati i quattro anni, infatti, non c’è modo di recuperare i crediti a cui si aveva diritto e che non sono stati riscossi.

Le possibili soluzioni per gli esclusi del Superbonus

Per questo, una delle proposte presentate in Senato – che era già stata approvata per lo scorso anno, e che sembra avere una buona probabilità di passare anche stavolta – è quella che permetterebbe di scalare lo sconto fiscale in dieci anni, invece che in cinque. Nell’esempio di prima, si passerebbe a dover detrarre ogni anno 700 euro dalla dichiarazione dei redditi, per dieci anni, invece di 1.750 all’anno per quattro anni. Anche chi ha un reddito più basso, così, correrebbe meno rischi di perdere dei soldi.

Chi ha un problema ancora maggiore è chi non è in grado di pagare i lavori per intero. Con le misure attuali, sarà sempre e comunque necessario pagare il 30% del costo totale. Per quanto riguarda il 70% che è coperto dal bonus, alcune soluzioni di fortuna potrebbero esserci. Ad esempio, se i lavori vengono fatti in una casa che è di proprietà di più persone (ad esempio due coniugi), potrebbe essere quella con il reddito più alto a pagare formalmente le fatture, in modo da poter poi detrarre i crediti nel tempo. Lo stesso può essere fatto anche se ci sono eventuali inquilini o comodatari nell’immobile, ma solo a condizione che il contratto d’affitto (o di comodato) sia stato registrato prima che inizino i lavori.



 

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