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CREMONA – I galloni di presidente gli resteranno cuciti addosso per sempre. Ma lui, Massimo Rivoltini, a poche ore dal cambio della guardia al vertice di Confartigianato, si è già abituato all’idea di presentarsi come ‘ex’. Non solo un segno di stima nei confronti di chi — Stefano Trabucchi — ha assunto la guida dell’associazione, ma anche una forma di rispettoso distacco da quei 13 anni ininterrotti che lo hanno visto in prima linea a rappresentare il mondo artigiano, a difendere gli interessi dei piccoli imprenditori, a proporre soluzioni ai problemi della categoria.

Dopo tre mandati al comando, Confartigianato è un capitolo chiuso?
«Non potrò mai riporre nel cassetto la maglietta di Confartigianato. Ho vissuto il ruolo di presidente con impegno totalizzante in un periodo lungo e segnato da avvenimenti che hanno stravolto la storia. Per statuto avrei dovuto abbandonare la carica già quattro anni fa, ma una deroga mi ha concesso un giro di giostra aggiuntivo. Torno volentieri a concentrare le mie attenzione sull’impresa di famiglia e a prendermi cura degli affetti più cari, ma di certo non mi dimenticherò dell’associazione di cui faccio orgogliosamente parte. Senza dubbio rimarrò in giunta e conserverò il ruolo di rappresentante nel Cda di CremonaFiere; inoltre proseguirò la mia avventura alla guida di Confalimentazione regionale e resterò nel direttivo nazionale».

Ha citato la Fiera: qual è la sua visione rispetto al futuro della società?
«CremonaFiere ha cambiato passo e si evolverà ulteriormente. La Fiera si è aperta al territorio ed è diventata parte integrante di Cremona. Personalmente, sono molto fiducioso: sarà un percorso non semplice, ma ricco di prospettive importanti, che meritano di essere colte anche attraverso strategie virtuose di aggregazione».

Nel frattempo, troverà anche il tempo e il modo di occuparsi della transizione che coinvolge la Camera di Commercio?
«È una delle sfide a cui voglio offrire il mio contributo. Stiamo attraversando una fase interlocutoria, dopo la definizione di una riforma simile a un’operazione da manuale Cencelli: quando si rifiutano le soluzioni trasparenti è perché si preferisce sguazzare liberamente nel torbido. Avevamo impostato un accordo con la cugina Mantova, nel rispetto delle rispettive priorità, ma ora la situazione si è decisamente ingarbugliata con l’ingresso di Pavia, che ha legittime ragioni per sentirsi fuori dai giochi. Aggiungo un timore: in tempi medio-lunghi si potrebbe approdare ad un’unica Camera di respiro regionale».

La centralità di Cremona-capoluogo è uno dei suoi cavalli di battaglia.
«In questo momento la città ha tutti gli ingredienti per realizzare un’ottima ricetta, ma deve saperli utilizzare nel modo migliore. Anzitutto Cremona può contare su un’università che è una pietra preziosa: penso, ad esempio, al progetto Agorà per il settore agroalimentare e al piano Golden Age per lo sviluppo delle filiere locali a servizio dell’alimentazione dell’anziano. Sono convinto che la città possa diventare un punto di riferimento di livello internazionale per il mondo della ricerca. Poi cito l’attenzione indirizzata al fiume, l’impegno per il potenziamento del turismo e, di nuovo, le prospettive di consolidamento della Fiera. Il rammarico è che Cremona resta un’isola dal punto di vista infrastrutturale e non vedo soluzioni a breve termine. Una rete di collegamenti efficienti è indispensabile per trattenere i giovani sul territorio».

A proposito di giovani: la formazione è sempre stata una sfida prioritaria.
«Ma non siamo ancora ai livelli che vorremmo. Sono stati fatti passi avanti grazie al progetto Its e al dialogo con le scuole professionali, ma la vera alternanza scuola-lavoro resta un miraggio».

Un tema che si collega a quello del passaggio generazionale.
«Un tasto dolente: in questi anni sono andate perdute tantissime imprese artigiane, anche a causa di una certa inospitalità del sistema nei confronti dell’imprenditoria. Le start-up? Qualcosa si muove, ma ancora troppo poco. I giovani preferiscono opzioni diverse e i padri, a volte, scelgono di non buttare la croce addosso ai propri ragazzi. Non nego che rilevo una mancanza di passione da parte delle nuove generazioni: il lavoro non dovrebbe essere un mezzo ma un fine, un valore in sé. La colpa non è dei giovani, ma di un sistema educativo che non si è dimostrato all’altezza».

Guardare al futuro significa anche confrontarsi con le tecnologie che sfidano la manualità artigiana: qual è il suo punto di vista sull’intelligenza artificiale?
«L’IA è uno strumento come tanti altri, che servirà a fare meglio se verrà governato con consapevolezza e padronanza. Mi piace elogiare l’imperfezione, parte essenziale del mestiere artigiano: se l’intelligenza artificiale conduce verso l’omologazione, il sapere degli artigiani significa unicità, intuizione e imprevedibilità. Ciò che sta minando il mondo artigiano non è l’IA, ma l’industrializzazione in senso lato. E a me il ‘fatto con lo stampino’ non potrà mai piacere».

Accesso al credito e burocrazia sono altri due nodi contro i quali ha combattuto costantemente.
«Dico le stesse cose da anni, ma solo perché i problemi — purtroppo — sono sempre gli stessi. Anzi, sono in progressivo peggioramento. L’accesso al credito rappresenta un problema traumatico, perché l’impossibilità di investire in manutenzioni, qualità e sicurezza comporta l’incapacità di tenere il passo di un cambiamento vorticoso. Il Covid ci ha fermato, ora non poter prendere il treno è un peccato gravissimo. Anche rispetto alla necessità di sburocratizzare sono costretto a ripetere un ritornello odioso: le scartoffie sono un freno enorme per le aziende, un meccanismo diabolico che non dà risposte e obbliga a girare a vuoto».

In questi 13 anni c’è qualcosa che è migliorato?
«La consapevolezza e la qualità dell’approccio degli artigiani, sempre più preparati, attenti, interessati. Le produzioni artigiane hanno raggiunto livelli semplicemente eccezionali»

Ha un suggerimento per il suo successore?
«Gli consiglio di affrontare il mondo artigiano per step, per non essere travolto. I problemi sono molti, in un’era in cui le associazioni e i corpi intermedi hanno subito forti contraccolpi. Ho enorme stima e totale fiducia in lui, che assume la guida di Confartigianato nel rispetto di un percorso tracciato tempo fa e rispettato con naturalezza in tutte le sue tappe. A proposito, mi permetto di appuntarmi al petto una medaglietta: se in 13 anni siamo riusciti a muoverci in sintonia e ad agire con coesione e compattezza è anche merito della pax cremonensis che ho contribuito a costruire».



 

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